La stella simbolo del MAM

Simbolo del Museo Antropologico Multimediale dell’Università degli studi di Napoli Federico è questa stella estratta da un tapa samoano.

Si tratta nello specifico del particolare di un tapa del tutto inedito, realizzato intorno agli anni Quaranta del Novecento nell’isola di Upolu e oggi appartenente a una collezione privata. È un tessuto di origine vegetale ricavato dalla corteccia del gelso ammorbidita e resa sottile inumidendola e battendola ripetutamente con un mazzolo. Una volta asciugato il tapa veniva decorato con motivi figurativi e geometrici dalle complesse significazioni simboliche; era impiegato per confezionare prevalentemente vesti cerimoniali e tappeti.

Il dettaglio da noi espunto ed eletto a emblema del MAM è una vistosa e articolata stella che nell’accezione originaria voleva rappresentare un’isola al centro di un arcipelago; le braccia, ovvero i suoi promontori, con ulteriori barbigli che da essi promanano, si protendono verso isole più piccole stabilendo con esse una relazione. La cornice, anch’essa contrappuntata da cuspidi triangolari, rimanda a possibili rapporti con terre ancor più lontane.

Si è scelta la stella, e in particolare proprio questa stella iconograficamente sì vivida e articolata, quale simbolo di una nuova entità scientifica che mentre afferma la propria forte e prevalente vocazione figurale, la propria marcata identità iconica, si preoccupa parimenti di creare e mantenere dialoganti legami, riferimenti e attinenze con il contesto in cui si insedia e opera.

Tale stella, nella sua natura di manufatto etnografico, definisce l’identità prettamente antropologica del MAM, sottolineando al contempo la sua preminente attenzione alle fonti visive, ai repertori iconografici audiovisivi derivanti dalle ricerche dei suoi afferenti e collocabili nei settori di pertinenza di Antropologia ed Etnografia visuale.

Ci piace pure immaginare che la stella possa in qualche modo rimandare all’ingranaggio, alla griffa che fin dalla nascita della pellicola in celluloide negli anni Ottanta del Novecento diviene elemento indispensabile al funzionamento di apparecchi fotografici e poi cinematografici, ancora oggi cuore propulsivo di cineprese e proiettori nei cinema.